Inglesismi e fuffa a parte, anche se di fuffa in questo campo ce n’è fin troppa, soprattuto nel mondo delle startup e dei “coach”. Noi parliamo di quello che conosciamo, ovvero, automazioni e l’approccio data-driven. Il growth hacking è semplice da capire, ma difficilissimo da mettere in atto se non si hanno le competenze. E non parliamo di tutta una serie di “americanate” che spesso ci vengono presentati come growth hacking, ma di veri e propri metodi e processi da applicare in loop e con meno costi possibile.
Determinare strategie e prendere decisioni secondo l’approccio data-driven è uno dei fondamenti del growth hacking. Bisogna però sapere quali dati leggere e dove andare a prendere questi dati, ma soprattutto sapere leggere questi dati. Spesso i dati possono essere complessi, soprattutto se si devono intrecciare dati provenienti da fonti diverse. Come ad esempio i risultati di un pixel di Facebook che monitora il traffico proveniente da Facebook e Instagram, confrontati con delle heatmap. Quindi l’ausilio di una intelligenza artificiale che ne sottolinea schemi e loop può essere determinante per la riuscita di una strategia di successo.
L’altro fondamento è senza dubbio il testing continuato grazie a determinate automazioni. I cicli del growth hacking sono iterativi, si ripetono continuamente, quindi sviluppare automazioni tra i vari strumenti di marketing e web marketing diventa fondamentale se si vuole crescere in poco tempo.
Ricordate anche una cosa che spesso è sottovalutata, nel growth hacking, l’utente è al centro di tutto.